lunedì 11 luglio 2016

Roma-Latina, il caso del bando vinto promettendo di rendere i contributi

Riportiamo l'art. uscito su "Il Corriere della Sera" del 7/7/16 a firma di Sergio Rizzo:
La nuova infrastruttura bloccata da quindici anni. E ora c’è un nuovo ricorso. L’ultima opera della legge obiettivo prima del nuovo codice appalti rischia di impantanarsi in una palude di carte bollate.
Quindici anni non sono bastati perché gli ingegneri avessero la meglio sugli avvocati. Così, nel luglio del 2016, l’ultima opera della morente legge obiettivo prima del nuovo codice degli appalti rischia di impantanarsi di nuovo in una palude di carte bollate. Parliamo dell’autostrada Roma-Latina e Cisterna-Valmontone, una roba da 2,8 miliardi che dovrebbe essere realizzata con quello che è in voga definire project financing. Traduzione: i privati ci mettono i soldi e si rifanno con i pedaggi. Ma è un project financing all’amatriciana. Non proprio tutti i soldi sono privati, e come sempre finisce in un pasticcio. C’è infatti un contributo pubblico di 902 milioni, e quello scatena una guerra senza precedenti. Alla gara indetta dalla Autostrade del Lazio, società pubblica al 50% fra Anas e Regione Lazio, si presentano in due: il consorzio Sis, composto dai torinesi Dogliani e dall’iberica Sacyr, e un’alleanza tutta italiana fra Impregilo, Astaldi, Pizzarotti e Ghella. Quando si aprono le buste dell’offerta tecnica sono in vantaggio i quattro italiani. Ma alla verifica dell’offerta economica ecco il sorpasso. La cordata Impregilo propone uno sconto di 303 milioni del contributo pubblico: da 902 a 605 per l’intera tratta e da 468 a 367 per la sola Roma-Latina. Il suo avversario però spiazza chiunque. Non chiede infatti un solo euro. Non a fondo perduto, almeno. Nel senso che quei 902 milioni li vuole tutti quanti e subito, ma si impegna a restituirli con un interesse del 5%. Dopo trent’anni dall’avvio della concessione e senza garanzie finanziarie.
Il ricorso di Impregilo
Tanto basta per dare fuoco alle polveri. Il 23 giugno pochi giorni dopo che l’appalto è stato aggiudicato in via provvisoria, parte da Impregilo la richiesta all’Anas, alla Regione e ai ministero dell’Economia e delle Infrastrutture a dichiarare inammissibile l’offerta degli italo-spagnoli. Con la seguente motivazione: se il gruppo Sis dice che restituirà il contributo pubblico, questo deve necessariamente essere in relazione con stime di traffico spropositate. Dunque come può garantirne la restituzione? Già a marzo la cordata Impregilo, del resto, aveva fatto ricorso al Tar chiedendo l’annullamento della gara. Il cui esito singolare non aveva mancato di sollevare qualche domanda nella stessa stazione appaltante, se è vero che era stato sollecitato alla commissione aggiudicatrice un supplemento di istruttoria: ricevendo tuttavia una conferma del giudizio in favore del gruppo italo-spagnolo. Esiste anche un precedente, riguardante il raccordo autostradale Ferrara-Porto Garibaldi. In quel caso, come in questo, la gara era stata vinta dal consorzio (guidato da Autobrennero) che aveva promesso di restituire il contributo pubblico: particolare curioso, del raggruppamento faceva parte anche la Pizzarotti, che ora invece contesta quel meccanismo.
La mediazione di Autostrade del Lazio
Per risolvere la controversia Autostrade del Lazio propone allora ai ricorrenti di congelare l’azione promossa davanti al Tar per poter ottenere un parere dell’autorità Anticorruzione di Cantone. Ma il ricorso non viene ritirato. Così a restare nel congelatore è il parere dell’Anac, che su quella gara surreale ha intanto aperto un’istruttoria. E il 6 luglio arriva l’aggiudicazione definitiva dell’appalto al consorzio Sis, con il contestuale annuncio di un nuovo ricorso al Tar degli sconfitti. Avanti dunque con gli avvocati e le scartoffie. La morale, purtroppo, è sempre la stessa. Bandi confezionati spesso con il copia-incolla, in modo discutibile, con gare che durano all’infinito: questa è cominciata addirittura nel 2012, quattro anni fa. Nessuna certezza sui tempi e i costi delle opere, con il risultato di vanificare qualunque seria finanza di progetto. Il tutto regolarmente imprigionato in una giungla di cause, ricorsi e controricorsi.
Un calvario iniziato nel 2001

Il Calvario della Roma-Latina comincia nel 2001, quando la giunta laziale di Francesco Storace decide di affidare l’operazione a una joint venture pubblico-privata che si chiama Arcea: 51 per cento Regione Lazio, 49 suddiviso fra Autostrade, Monte dei Paschi, e un consorzio dai toni rossoneri. Accanto alla cooperativa Ccc che fa capo alla Legacoop troviamo infatti Erasmo Cinque, già capo dei costruttori romani, il cui studio trabocca di ritratti di Benito Mussolini. La cosa però non va avanti anche perché Bruxelles — com’era immaginabile — pianta una grana sul fatto che non si possono assegnare concessioni pubbliche a privati senza una gara. Poi nel 2008 Piero Marrazzo azzera tutto: fuori i privati, dentro l’Anas. Cinque e gli altri innescano il solito arbitrato, chiedendo danni per 859 milioni. E ci sarebbe quasi da ridere. Peccato che quattro anni fa, proprio mentre parte la gara ora contestata, il collegio arbitrale riconosca loro un danno di 43 milioni...

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